Nei forni di Cattolica, specie in quelli di Via del Porto, non è difficile trovare una tipicità tutta cattolichina: i Bizulà.
Il Bizulà è un particolare tipo di pane, chiamato anche “il pane dei marinai”: quelli del tempo antico ovviamente, quando si stava in mare per giorni e il pane non poteva di certo rimanere fresco.
Occorreva quindi avere a bordo prodotti che si conservassero bene nel tempo.
Meno ‘famoso’ della piadina romagnola ma non meno buono, questo pane che nella sua forma ricorda un grosso tarallo, ha una storia centenaria.
Il nome del Bizulà deriva dal veneziano “bozolatus”, a sua volta figlio del tardo latino “bucellatum”, cioè bucella, parola di origine dialettale che significava “piccol boccone, bocconcino.
Il nome è legato proprio all’atto fisico che si andava a compiere con questo strano pane biscottato a forma di anello: chi si imbarcava ne portava con sé in buone quantità insieme al vino, proprio per inzupparlo e gustarlo con calma, ammorbidendolo e assaporandone il sapore boccone dopo boccone.
L’anello del bizulà aveva una funzione pratica: ci si passava una cima e si inanellavano biscotti su biscotti, formando delle vere e proprie collane che si portavano a tracolla e poi si appendevano all’interno della barca, in alto nella stiva, lontane dai topi.
I bizulà che rimanevano venivano portati a casa e si consumavano in famiglia, in particolare insieme al brodetto di Cattolica o al brodo di pesce, due piatti che oggi possono sembrare complicati da preparare, ma la cui origine è, come quasi sempre nella cucina italiana, la povertà, poiché il brodetto usava essere preparato con i pesci più spinosi, oppure quelli rotti, che non potevano essere venduti al mercato, mentre il brodo era ottenuto con gli scarti, teste e lische.